venerdì 22 aprile 2011

Recensione di Pino Tartaglia : corto "Noi due del Sud" presentato al Festival di Giffoni Vallepiana


Questo corto di Francesco Maglioccola impatta lo spettatore con la sua dirompente ed immediata essenzialità. Scene di ordinario degrado e violenza, in famiglia, nella scuola e nel sociale a cui siamo ormai assuefatti in un contesto di accettata normalità; degrado del territorio , degrado dei valori, degrado di umanità con una ideologia di fondo: la prepotenza e la sopraffazione sul più debole come momento di esibizione di forza e carattere ,sentimento di onnipotenza per prendersi con la forza quel che si vuole, soprattutto quegli oggetti simbolo del consumismo esasperato dei nostri tempi.
Insegnanti troppo occupati con se stessi per accorgersi del disagio dei ragazzi o insegnanti che lanciano il grido d’allarme ma restano vittime ed ostaggio delle ritorsioni dei loro alunni. La perdita di autorità e di autorevolezza degli insegnanti stessi, spesso incoraggiata anche da genitori collusi con i loro figli, che non coltivano sentimenti di solidarietà e di condivisione necessari al rispetto di ruoli e istituzioni pubbliche.
La prepotenza ha un presupposto di base: che ci sia un debole su cui scaricare la propria violenza interna, che questa crei una soddisfazione o sollievo immediato all’impotenza interiore del prepotente, è un segnale dimostrativo rivolto all'ambiente perché c’è bisogno di dimostrare ed esibire la violenza per essere riconosciuti pur non avendo meriti; ma è un sollievo di breve durata perché il vuoto interiore di identità, di amore, di considerazione-protezione non avute, la fragilità dell’io e la profonda invidia, non viene colmato per cui il bullo diventa prigioniero e ostaggio di se stesso e del gruppo; chi cerca di venirne fuori viene ricattato e stigmatizzato come traditore.
Bisogna assolutamente restituire alla funzione paterna il ruolo che gli spetta nella coppia genitoriale e nel sociale: di essere per i figli un modello presente e affettivo di autonomia rispetto alla eccessiva presenza-influenza materna che tende alla protezione ed all’attaccamento (ciò è peculiare nella cultura napoletana: i figli fanno parte della vita non sono solo “piezze e core”. Un modello affettivo sano in cui il figlio maschio possa identificarsi ; un modello di legalità rispetto alla legge ed alle istituzioni; un modello sociale rispetto ai valori dell’amicizia, della condivisione, della lealtà ,del dialogo e del rapporto con l’autorità. L’identità affettiva stabile potrà diventare poi da adulti quel senso sano del cosiddetto "I Can“- "We Can “ che è la vera potenza di un individuo: cioè posso e credo , posso amare, posso sperare, posso sognare! Questo è possibile in una cultura che unisce le diversità: la prima grande diversità è essere maschi e femmine, madri e padri. Molti confondono la potenza con la violenza: occorre distinguere tra aggressività e violenza! L’aggressività è la capacità di spingersi verso la vita col piglio giusto, nel rispetto delle regole e dell’etica morale; moralità non è moralismo!La violenza è legata alla rabbia che cova dentro, alla collera, alla frustrazione ,al non sentirsi amato e rispettato e non ha né etica né morale e nel napoletano è molto legata alla furbizia, allo scavalcare gli altri, alla ricerca del privilegio.Il Bullismo è una forma precoce di peste psichica le cui radici non stanno solo nel sociale ma nell'amore assente o malato in cui l'adolescente vive. Una identità stabile può solo fondare sull'amore e sulla fiducia di base nella vita.

sabato 2 aprile 2011

FINES- Vernissage Demet Kiziltas- Recensione : Pino Tartaglia



I CONFINI sono tracciati per creare differenze,sono linee sottili ma con forte energia che separano ed uniscono, sono linee energetiche che tendono alla definizione di luoghi ed esseri viventi che spesso sono invisibili ma marcano l’incontro tra simbiosi e spazio di libertà , tra individualità ed appartenenza. Solo chi si affaccia sul limite ha la percezione visiva più ampia possibile. Il Confine sembra essere l’altra faccia dell’infinito!
L'opera di Demet Kiziltas , proprio sul limite, propone una visuale ampia del mondo, che spinge da un lato all’ordine dall’altra, invece, verso l’immenso delle forze in gioco nell’universo.
La produzione pittorica di Demet (da Infinito a Confini) sembra ripercorrere sin qui la costruzione di un mandala. E’noto che il mandala rappresenta il Sé, la personalità nella sua interezza, vale a dire l'idea dell’esistenza di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all'interno dell'anima, al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte d'energia. Tale energia si manifesta in una spinta inconscia a divenire “ciò che si e’.” Partendo dalla sua prima opera Infinito , poi con Riflessi, Essenza e adesso Confini l’autrice chiude un ciclo quaternario che va nella direzione di un progressiva evoluzione del suo processo di individuazione ove costantemente si illumina il confronto con il problema degli opposti nella natura umana proiettati nell’universo. In sintesi accostare la produzione dell’infinito a quella odierna dei confini configura un punto di arrivo rispetto alla armonizzazione dei due poli della grande energia che ci sovrasta e ci governa: Yin eYang; rappresenta cioè un completamento sia della ricerca interiore che della maturazione del linguaggio e dell’individuazione dello stile dell’artista. Questo percorso come tutte le strade seguite, tutti i passi intrapresi, riportano sempre ad un solo punto, il grande mistero dell’universo e dell’amore. I colori della sua pittura diventano forze irradianti, energie che agiscono su noi con effetto contemplativo indipendentemente dal fatto di esserne consapevoli o meno. La scintilla che possiamo osservare sulla linea di confine in queste raffigurazioni accende l’esperienza fecondante di tutto ciò che si incontra sul limite esistenziale: la diversità, l’evoluzione creativa, l’incontro, la trasformazione.
L’energia magmatica del confine consente l’osmosi tra mondo cosciente ed incosciente, tra i lumi del razionale ed il buio dell’anima e della creatività, tra arte e consapevolezza : la scintilla creatrice che possiamo osservare in questa opera di Demet illumina quindi la possibilità che ci da l’arte di unirci e di armonizzarci con l’universo , rendere evanescenti gli steccati che separano il microcosmo dal macrocosmo aprendo le porte ad un’esperienza di meraviglia ,di sorpresa… appunto… di confine!

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